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Andrea Martinelli

Torino città aumentata. Il Nuovo PSM di Torino 2021-2023

In un contesto storico di enorme difficoltà per tutto il pianeta, le realtà locali sono forse le più deboli nei confronti di eventi così dirompenti come una pandemia. È questo il contesto in cui la Città Metropolitana di Torino e la sua classe politica e dirigenziale hanno deciso di dare il via al processo di costruzione del nuovo Piano Strategico Metropolitano 2021 – 2023 (PSM). L’area metropolitana soffre come non mai in questi ultimi anni: attrattività in calo, diminuzione costante dei redditi con un conseguente aumento di condizioni di povertà. La condizione pandemica non ha sicuramente migliorato la condizione già instabile dell’area metropolitana contribuendo ad aumentare di fatto la contrazione del mercato del lavoro colpendo in modo particolare i settori di maggior peso: la manifattura, la cultura, la formazione universitaria e il turismo. Senza soffermarci troppo sulla facile critica che si può muovere al branding urbano che è andato (e purtroppo continua ad andare) molto di moda tra professionisti e politici come la città “della cultura”, “dell’università” la capitale del “turismo”, sono crollate rovinosamente davanti a fattori esogeni che, seppure hanno messo in difficoltà diversi contesti in tutto il mondo, hanno dimostrato come questi approcci al governo del territorio non sono altro che modelli di città inadeguati a rispondere alla mutevolezza degli eventi e delle società, sempre più rapidi e dirompenti.

Come viene ben descritto dalle parole di Matteo Robiglio (Coordinatore del PSM e docente del Politecnico di Torino) in un articolo uscito su Repubblica il 1° marzo 2021, Torino non è ancora perduta, la “Grande Torino” sulla quale costruire e ripartire è quella dei 312 comuni, dell’area metropolitana che negli ultimi 30 anni si è ramificata e sviluppata innervandosi in un territorio vario nella sua composizione tanto sociale quanto fisica, dalle imprese ai paesaggi più disparati. La visione di un’area metropolitana del futuro, che possa accedere e sfruttare quei 2,6 miliardi di euro della “Next generation Eu”, deve quindi partire necessariamente da questa dimensione territoriale, costruendo un’azione strategica che coinvolga tutto il territorio e i processi che lo governano così da poter dare realmente avvio ad una fase di cambiamento e riequilibrio dell’area metropolitana nei confronti tanto interni quanto esterni (si veda il rapporto tra le aree urbane e montante o tra Torino e Milano).

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Le premesse avviate dal PSM sembrano quindi positive, un approccio alla pianificazione strategica che è mancata a Torino e la sua area metropolitana, anche perché i piani strategici che si sono susseguiti nel tempo non possono essere definiti come dei veri e propri successi. Partendo da una fase di analisi del contesto odierno degno di nota ed un processo di costruzione del Piano in linea con le più recenti (e talvolta modaiole) linee guida, tra una citazione alla partecipazione con la “Metropoli partecipata”, tanto agognata ma molto spesso sopravvalutata, il Piano inizia lentamente a perdersi in slogan tra assi, strategie e azioni (nell’ordine ben 6, 24 e 111) già trite e ritrite che non hanno purtroppo mai portato a reali ripercussioni sul territorio. Il tutto culmina con “La visione” ed è qui che il Piano mette in evidenza la sua sfida principale ovvero la ricerca di un “nuovo equilibrio tra città e territorio, sviluppo e ambiente” proponendo la cosiddetta “città aumentata” (solo a noi sembra un altro slogan?). Ma di cosa si tratta? Il Piano fa riferimento alla Augmented City di Maurizio Carta che seppure un esempio bellissimo di teoria urbanistica, non trova riscontro con la (talvolta troppo) cruda realtà urbanistica di tutti i giorni, fatta di norme, leggi, Pubblica Amministrazione, interessi privati, finanze (che generalmente mancano sempre). Se quindi la teoria descritta da Carta è sicuramente innovativa e condivisibile trova difficilmente spazio tra i meandri della realtà.

Il Piano strategico non sembra cogliere questa difficoltà e pesca a piene mani da quell’approccio urbanistico molto teorico e poco pratico che difficilmente darà avvio a reali trasformazioni del territorio. Inoltre, come spesso capita, questo approccio strategico si sviluppa su un arco temporale troppo ridotto, 2021-2023, tre anni non sono adeguati ad un modello di pianificazione che dovrebbe ragionevolmente pensare su basi decennali.

Non fraintendiamo, la pianificazione strategica non è da buttare in tutto e per tutto, anzi, crediamo fermamente che possa essere il motore per una ripartenza efficiente ed efficace del governo del territorio del nostro paese, ma non può essere l’unico approccio per il cambiamento. La strategia non può nulla se non viene puntellata su un saldo basamento normativo e attuativo che quasi sempre è inesistente in questi “Piani”. È quindi necessario dare avvio alla redazione di Piani Strategici (siano essi metropolitani, regionali, comunali ecc.) che presentino al loro intero non solo astratti “assi” e “azioni” ma precise prescrizioni, norme e modalità di attuazione. Tutto questo potrebbe funzionare solo se e quando verrà dato avvio ad un vero rinnovamento del contesto normativo italiano, con una legge quadro sull’urbanistica che da un livello nazionale viene dettagliata nelle specificità regionali, metropolitane e infine attuata dagli enti comunali che possiamo forse definire come “reali” detentori del potere pianificatorio, coloro che attuano e rendono reale ciò che altri immaginano, con strategie e visioni.


Dato questo contesto arido di innovazione e di volontà del cambiamento, non si può quindi attribuire una “colpa” vera e propria alla realtà metropolitana che tenta di ricalcare un approccio che ha già fallito in passato, scatta una istantanea vivida del contesto, ma si perde nei labirinti della strategia senza mai arrivare ad uno strumento reale. Detto ciò, il PSM sembra quindi un’occasione persa da parte non tanto dall’ente quanto dall’urbanistica più in generale, è forse giunto il momento di dare avvio ad un reale cambiamento, chiedendo con forza nei palazzi del potere romano che l’Urbanistica, quella con la U maiuscola, riprenda posto dove le compete, che venga inquadrata e semplificata a livello nazionale per trovare attuazione nelle singole realtà territoriali.


Forse ci sbagliamo, forse il tempo ci darà torto (e noi un po' ci speriamo, siamo troppo pessimisti vero?) e il PSM si rivelerà un ottimo approccio al governo del territorio, dando avvio alla enorme necessità di cambiamento che il nostro territorio richiede oramai da troppo tempo.

Nel frattempo, #Urbanistica ha una chiara visione per l’urbanistica del futuro e voi?


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